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VOLVO, il Santo e la GT che venne dal Nord

Pubblicato da Claviog in 17 aprile 2016
Pubblicato in: auto. Tag: P1800, Simon Templar, Volvo. Lascia un commento
Adoro le belle storie, le ho sempre adorate, specie quando raccontano di fatti realmente accaduti, di sfide uniche o quantomeno singolari, quando lasciano un segno nella memoria di chi le ha vissute.

Quella che vi racconto é oggi, per me, la rievocazione di un periodo lontano, di quando ero bambino e in televisione seguivo le increbili avventure di Simon Templar.

Interpretato da un giovanissimo Roger Moore, Simon Templar, era una sorta di investigatore privato nonché un novello Robin Hood, che accorreva in difesa di giovani ed avvenenti donne in difficoltà (alle quali non ricordo abbia mai chiesto un compenso) a bordo di vettura piccola e sportiva della quale presto mi innamorai.

La vettura era una Volvo P 1800.

Simon templar


L’Idea

Nella seconda metà degli ’50, Gunner Hengellau, allora presidente Volvo, decise di lanciare sul mercato una nuova vettura dal carattere sportivo, capace di attirare nuovi clienti nelle concessionarie, ma, soprattutto, capace di rinnovare l’immagine di un marchio che aveva fama di costruire vetture robuste e sicure, ma non particolarmenti eccitanti da guidare. I vertici della casa svedese guardarono all’Italia ed suoi designer per la realizzazione di tale progetto e la scelta cadde sull’atelier torinese di Pietro Frua, presso la quale, in quel periodo, lavorava Pelle Petterson, un giovane appena diplomato in industrial design presso il Pratt Institute di New York nonché figlio di Helmer Petterson, consulente Volvo profondamente coinvolto nel progetto della P 1800. Al momento della presentazione dei disegni al CdA della casa scandinava, Helmer aggiunse, ai quattro modelli proposti da Frua, un quinto disegno elaborato dal figlio, Pelle, che risultò essere quello vincente.

 

volvo_p1800s

Volvo P1800

L’Automobile

Nel Gennaio del 1960, la P 1800 viene ufficialmente presentata al salone dell’auto di Bruxelles. La vettura è un’accattivante coupé tre volumi, caratterizzata da un paio di vezzose pinne posteriori, l’abitacolo ha il tettuccio rigido ben raccordato con il volume posteriore, mentre nel cofano, di dimensioni generose, è alloggiato il nuovissimo propulsore B18, un quattro cilindri longitudinale di 1,8 litri alimentato da due carburatori SU, capace di erogare 96 CV. La trazione è posteriore ed il cambio è manuale a quattro rapporti. Assale posteriore rigido e freni a disco anteriori e a tamburo posteriori completano il corredo tecnico della sportiva svedese. Il ruolo di modello di punta del marchio scandinavo garantisce, inoltre alla P 1800, una costante evoluzione nel corso dei 12 anni di produzione.Produzione che iniziò nel 1961 negli stabilimenti della Jensen Motors, dopo il rifiuto opposto da Karmann, all’epoca già impegnata con la Ghia per conto di Volkswagen. La produzione britannica, tuttavia non soddisfa gli standard qualitativi svedesi e, nel 1963, la produzione viene trasferita negli stabilimenti di Lundby ed Olofstrom. La nuova produzione viene identificata dapprima come P 1800 S e poi semplicemente come 1800 S.

 

Volvo 1800s

La vettura di Simon Templar

L’Evoluzione

Come già detto la piccola sportiva svedese fu costantemente aggiornata negli anni per mantenere costante l’interesse del pubblico, anche d’oltreoceano, che aveva imparato ad apprezzarla. Così tra il 1966 e il 1967 vennero modificati i collettori di aspirazione e scarico portando la potenza 103 CV, mentre un nuovo profilo cromato sulle fiancate insieme alle nuove maniglie porta ed il volante a tre razze, ne aggiornavano i canoni estetici. Nel 1968, invece, fu introdotto il nuovo motore B20, da 2.0 litri, inizialmente alimentato da un carburatore Zenith-Stromberg ed in seguito da un’iniezione meccanica, che porta la potenza erogata a 118 CV. Contestualmente la vettura viene arricchita da un nuovo impianto frenante con doppio circuito idraulico e quattro freni a disco oltre ad una nuova taratura delle sospensioni ed altre migliorie al gruppo frizione, allo sterzo ed all’impianto di raffreddamento. Con l’impiego dell’iniezione la sigla del modello diventa 1800 E

Nel 1971, il gioiello di casa Volvo viene dotato di iniezione elettronica Bosch con un ulteriore incremento di potenza a 126 CV, capace di spingere la piccola coupé a 190 Km/h di velocità massima e di imprimerle un’accelerazione da 0 a 100 km/h in soli 9,5″. La sua produzione terminerà nel 1972, mentre una versione Shooting-Brake sarà prodotta fino all’anno successivo.

La seconda vita

Se negli anni sessanta il principale testimonial della P 1800 fu il giovane ed aitante personaggio scaturito dalla penna di Leslie Charteris ed interpretato da Roger Moore, a riportare sotto le luci della ribalta l’iconica auto svedese ha pensato un poco più che anonimo professore di scienze ormai in pensione. Irv Gordon, acquistò la sua Volvo P 1800 S nel 1966 e da allora ha percorso più di 3 milioni di miglia. Già nel 1998 il professore newyorkese si era guadagnato un posto nel Guinnes book of World record per aver percorso con la sua vettura ben 1,69 milioni di miglia, all’alba del nuovo millennio, più precisamente nel 2002, entrò a Time Square, dove una folla entusiasta lo attendeva per festeggiare il raggiungimento ei due milioni di miglia. Nel Settembre del 2013, il settantatreenne Irv e la sua Volvo hanno raggiunto, sulle strade dell’Alaska, la cifra record di tre milioni di miglia. La stessa casa automobilistica svedese dedicò all’impresa il sito    http://volvocars.3millionreasons.com, così da pemettere agli appassionati di seguire l’impresa dell’infaticabile Mister Gordon e della sua inseparabile e fedele compagna.

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Irv Gordon e la sua Volvo 1800S

La Volvo P 1800 oggi

La Gran Turismo Scandinava è oggi ricercatissima dagli appassionati e, se per molti anni è stato possibile acquistarla a prezzi contenuti, oggi le sue quotazioni stanno rapidamente salendo. In fondo, la P 1800 era e rimane una vettura di nicchia, pensata più per attirare attenzione sul marchio che per la grande produzione in serie; tanto è vero che nei 12 anni in cui è stata a listino, gli esemplari costruiti non hanno raggiunto le 40.000 unità, oltre, ovviamente, agli 8.000 esemplari della versione Shooting-Brake. Restaurare una P 1800 non è semplice né a buon mercato, ma se vi capitasse l’occasione, pensateci bene prima di rifiutarla, potreste non avere un’altra occasione di guidare e possedere un’autentica icona della storia dell’automobile, oltre che una vettura di grande fascino.

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Solo l’eco del mio silenzio – Just the eco of my silence

Pubblicato da Claviog in 24 giugno 2015
Pubblicato in: Viaggi. Tag: Chalet nel Doch, Trentino Alto Adige. Lascia un commento

In lontananza il suono armonico e regolare delle campane del bestiame al pascolo, più vicino invece riesco a sentire il frinire di un grillo, il pigolare di un piccolo uccello di montagna e il rumore sordo delle gocce di pioggia che si posano sul pavimento in pietra grezza. Un vero paradiso in terra, non trovate?
Dove sono? Ovviamente in vacanza, ovviamente in montagna, decisamente in Trentino.

Far away I can hear the rhythmic sound of cow-bells, near me a cricket chirps, a small singing bird is twittering and the rain silently rests on the stones floor. A real heaven on earth, don’t you think? Where am I? Obviously on holiday, obviously on a mountain, certainly in Trentino Alto Adige.

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No, non è la prima volta, ci sono già stata in diverse altre occasioni, ma questa volta è tutto  diverso. Non è la nostra solita “toccata e fuga” da 2 giorni, evasione romantica di coppia , eh no, questa volta abbiamo mosso l’intera guarnigione: due adulti, una bimba undicenne e il nostro piccolo pincherino (piccolo solo di dimensioni visto che vanta la bellezza di 14 anni!). Insomma se le altre volte ho indirizzato la mia ricerca verso mete romantiche, con tanto di trattamenti wellness, piscine e saune, questa volta ho dovuto scegliere una struttura che soddisfacesse altre esigenze. Senza rinunciare ai confort e alla bellezza di una struttura in legno e “di charme”, ho cercato un luogo incorniciato dal verde, intimo e lontano dalla frenesia e dai rumori tipici della nostra cittadina di provincia, qualcosa del tipo “solo per noi”.

No, it’s not the first time, I’ve been here several times, but this time is really different. This is not our usual “2 days off”, romantic couple escape, no, this time we have moved the entire army: me, him, the little girl (11 years old) and our small dog (14 years old). So, if our romantic escapes want charming hotel with all the comforts and pleasure like swimming pools, saunas and wellness treatments, this time we have decided for something different.Without give up on the beauty and comfort of a typical wood structure, we’ve chosen for a place in the forest, surrounded by pins and spurns, lonely and far from the craziness and traffic of this small little town where we live every day. Something like “just for us”.

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Soprattutto però avevo bisogno di una sistemazione che si offrisse di accogliere e di lasciarci tenere il cagnolino in stanza e negli altri luoghi comuni per tutta la durata del nostro soggiorno.
Se è vero infatti che ormai la maggior parte dei grandi alberghi accoglie i nostri piccoli animali è altrettanto vero che a loro è vietato l’accesso a molte delle aree comuni degli stessi. Badate bene, non mi sto lamentando di questa “politica di accoglienza”(ancora grazie che esiste), solo che portare il beniamino di casa in vacanza, per poi doverlo abbandonare costantemente in camera, non mi sembrava giusto. In accordo con gli altri membri della spedizione, si è scelto quindi di rinunciare a qualche “facility” (vedi assistenza bambini, area giochi, piscine e saune per adulti) e compensare con quiete (niente vociare di bimbi senza controllo che scalpitano a destra e sinistra), aria pura e incontaminata (a 1500mt pungeva anche, ogni tanto), panorami mozzafiato, lama therapy (nella struttura scelta dimorano infatti 7 lama e 2 cuccioli di alpaca con i quali non solo è possibile interagire, ma addirittura fare trekking ed escursioni!) fino ad arrivare ad una cucina decisamente di alto livello. Avrete quindi capito che più che rinunciare a qualcosa abbiamo goduto di ben altre qualità, e mai scelta fu più azzeccata di questa.

Above all we have looked for a place where our little dog was “welcoming”, not only in our room but in all the others common areas. Yes it’s great that now every hotels accept our pets (with an extra on the bill), but I don’t like the idea to bring it with me for a long journey and then leave it in the room alone and sad. So with all the members of the troop we’ve decided to give up some facilities like kid club or saunas instead of quite (no screaming kids playing around), fresh air (also stinging at 1500mt), breath taking views, lama therapy (the place hosts 7 lamas and 2 apalcas for the pleasure of the guests and also for outdoor trekking) and of course a haute cousin. So you understand we did not give up something, we have chosen something different. And what a great choise!

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Come si chiama il posto? Qual’è il nome dell’albergo (forse è un parolone…)? Quasi quasi, mi spiace di dirlo, vorrei tenere il segreto e godermi io sola questo luogo incantevole, ma non farei giustizia ai loro ospiti che tanto si sono prodigati per rendere perfetto il nostro soggiorno. La struttura si chiama “Chalet nel Doch” e nel nome racchiude tutta la sua forza e la sua unicità: un tipico chalet di montagna, “perso” nel verde, incastonato tra le pendici di un monte tra abeti maestosi, arricchito con 2 piccole casette in legno, in grado di ospitare con le sue 4 camere, non più di 10 ospiti.
Ecco ve l’ho detto (anche se un po’ mi è costato), ora fatene buon uso…..
La nostra vacanza, che purtroppo volge al termine (sto scrivendo queste righe venerdì pomeriggio e la partenza è fissata per domenica mattina) non poteva essere più piacevole, piena, attiva e rilassante. Abbiamo visitato città “nuove” (per il nostro bagaglio escursionistico), visto, attraversato e vissuto deliziosi paesini di montagna, camminato nel verde di boschi rigogliosi e abetaie secolari, ai piedi, di fronte e proprio sotto a imponenti catene dolomitiche, ma anche visto fotografato ed ammirato animali possenti e maestosi quali sono i cervi.

What is the name of this place? Where is it? Well, I don’t wanna tell you, I prefer to keep the secret and enjoy the hotel all alone. But this is not fair, not for our hosts who made our holiday really special and unique. The name is “Chalet nel Doch”, a typical chalet, lost in the wood, just in the middle of a mountain slope with only 4 rooms. A place for a few….
Ok, now you know my secret, use it in the right way!
Our holiday is coming to its end (I’m writing on friday and on saturday we will come back home) but everything has been great, perfect, pleasant, dynamic and relaxing at the same time.
We have seen new cities and villages(for our experience of course), we have made several walks in the woods,  in front or under dolomitic mountains and we have also admired powerful deers.

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Ma più di tutto, e come sempre accade nelle nostre vacanze, abbiamo conosciuto persone meravigliose, solari e piene di vita, votate all’ospitalità vera e sincera, in grado di accoglierti e farti sentire a casa (e a volte anche meglio) anche a 600 km di distanza, capaci di rapirti con racconti della tradizione e sempre disponibili nel consigliarti, aiutarti e “sfamarti”(un grazie speciale a Giada e ai suoi panini).
Da parte del nostro clan invece a lei e a tutti gli altri (Clelia, Lino, Martina, Luca, Denise, Michela, Eric e Herman) i nostri più sinceri ringraziamenti: siete stati davvero GRANDI!

But on the top of everything, as in all our holidays, we have known wonderful people, cheerful and full of life, who can charm you with stories, tales and hospitality. They know how to feel you home even if you are 600km away from it, always helpful and kind ( a special thank to Giada for all the sandwiches).
From all our clan to her and all the others ( Clelia, Lino, Martina, Luca, Denise, Michela, Erik and Herman)  many many thanks, you have been really GREAT!

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